antonio montanari
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antomontanari2021-02-07T10:57:57+01:00frantomontanariantonio montanarihttp://antomontanari.blogs.fr/4d256c7d45ff0297.jpg
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Amicizia? Meglio la Giustizia.
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<p style="text-align:justify"><strong>A proposito del volume "<a href="http://riministoria.xoom.it/fs/2015/fuorisacco2015amicizia.html#tre">Rimini, dieci anni di economia. Tra passato e futuro</a>", edito da "il Ponte".</strong></p>
<p style="text-align:justify">Padre del concetto di «amicizia civica» (da intendersi quale «concordia politica» secondo Nicola Abbagnano [«Dizionario di Filosofia», I]), è quell'Aristotele che giganteggia nella mente del personaggio manzoniano di don Ferrante.<br />
Il quale lo aveva scelto come suo autore per essere pure lui un filosofo («Promessi sposi», cap. XXVII), anzi un «dotto», come si legge nel passo dove (ib., cap. XXXVII) si dà notizia della sua morte per peste, ovvero per quella strana realtà indimostrabile mediante ragionamento, ma da lui ammessa soltanto quale effetto delle influenze astrali.<br />
Don Ferrante era in buona compagnia: sua moglie donna Prassede (ib., cap. XXV) «faceva spesso uno sbaglio grosso, ch'era di prender per cielo il suo cervello».<br />
<br />
Se sovrapponiamo all'aristotelismo di don Ferrante le pretese ermeneutiche “totalitarie” di donna Prassede, otteniamo l'ideale figura del filosofo odierno che crede all'«amicizia civile» di Aristotele, ma dimentica che essa è concordia tra uguali in un mondo di disuguali.<br />
Infatti, come si studiava un tempo, Aristotele ritiene che per “natura” ci siano uomini capaci di fare i cittadini ed altri no.<br />
Ad esempio, né i coloni né gli operai potevano essere cittadini, ovvero partecipare al governo della cosa pubblica.<br />
Ritenendo che “per natura” gli uomini non sono uguali, Aristotele legittima la schiavitù.<br />
<br />
Il nostro richiamo alle pagine manzoniane sulla strana coppia Ferrante-Prassede, è non un vuoto ricordo di cose passate, ma un solido richiamo ai tanti fenomeni odierni per cui cerchiamo una concordia politica, anche se non ci preoccupiamo che essa sia garantita da un rinvio non ad Aristotele ma alla nostra Costituzione.<br />
Vengono a proposito queste preziose parole di Vladimiro Zagrebelsky («La Stampa», 23.11.2015): «La libertà richiede rispetto degli altri e eguaglianza. […] Il vero ineliminabile collante è la tolleranza consapevole. Essa non è relativismo indifferente, ma riconoscimento delle libertà altrui».<br />
<br />
L'«amicizia civile» di Aristotele non perviene a questo riconoscimento. La formula affascina, ma il suo retroterra non garantisce nulla, come dimostra la storia d'Europa che, scrive Zagrebelsky, «ha conosciuto roghi e fucilazioni di eretici e oppositori», per cui dobbiamo difendere «la società aperta, plurale, tollerante» che «è più debole di quella resa monolitica da una unica ideologia totalitaria».<br />
La forza di questa debolezza, ci sembra, sta nel credere che la «tolleranza consapevole» non nasce da cattive amicizie civiche ma da buone radici di dialogo e confronto, che ogni giorno sta a noi di cercare e trapiantare ovunque.<br />
<br />
Ancora Zagrebelsky. Il 24 dicembre su «Repubblica» ha scritto che, nella vita politica, occorre mirare a rifiutare l'«ingiustizia radicale» dell'utopia (perché «la giustizia solo razionale può diventare un mostro assassino»), attraverso l'educazione, il cui uso da parte della politica andrebbe sottoposto a controllo.<br />
<br />
Stesso giornale e stessa data: il lungo pezzo di Eugenio Scalfari su «Misericordia. L'arma di Papa Francesco per la pace nel mondo» si chiude con un augurio: «che la fratellanza e l'amore del prossimo, la libertà e la giustizia abbiano la meglio su tutto il resto».<br />
<br />
Dunque, per tornare al principio di questa nota, l'«amicizia civica» è nulla se non scaturisce da uguaglianza, libertà e giustizia, con buona pace di Aristotele e dei suoi lettori di oggi.<br />
Dovrebbe apparire significativo il fatto che il nuovo Vescovo di Palermo, don Corrado Lorefice, nell'insediamento ufficiale, ha citato alcuni articoli della nostra Costituzione, tra cui quello (il n. 3) che recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge…».<br />
<br />
Alla vigilia di Natale, sul «Venerdì» di «Repubblica», Curzio Maltese ha affrontato proprio il tema della dignità, con una sostanziale visione negativa della realtà italiana: «La perdita di dignità», ha scritto, «è inflitta dall'alto al basso, ma viaggia anche in senso inverso e ormai i cittadini non hanno alcuna considerazione delle istituzioni e delle élite».<br />
Così «un veleno violento» si sparge nella società, facendo risorgere razzismo e xenofobia, e favorendo «la folle corsa a nuove catastrofiche guerre».<br />
Proprio nella Messa della Notte di Natale, il Papa ha parlato della necessità di «coltivare un forte senso della Giustizia», dando così ragione al suo amico Eugenio Scalfari ed all'articolo di quel giorno, apparso su «Repubblica».<br />
<br />
Ed a proposito di Giustizia, proprio la Chiesa di Roma è tirata in ballo da un'inchiesta nata al suo interno sull'Apsa, l'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica: «Poi, sull'iniziativa è sceso il silenzio», commenta Filippo di Giacomo, notista de «il Venerdì» (24.12.2015). Ed infine c'è il processo vaticano “sospeso” contro i due giornalisti italiani Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi.<br />
Ovvero, non basta parlare di Giustizia, ma occorre praticarla.<br />
<br />
L'articolo a cui mi riferisco è questo.</p>
<p style="text-align:justify"><strong>TRE per dieci. Rimini e l'economia.<br />
Un volume edito da "il Ponte".</strong></p>
<p style="text-align:justify">In «Rimini, dieci anni di economia. Tra passato e futuro», <strong>Primo Silvestri</strong> offre un'antologia accurata del lavoro suo come direttore, e della redazione che lo affianca nel mensile «TRE» («TuttoRiminiEconomia»), per le edizioni de «il Ponte», settimanale riminese che lo offre in allegato ai lettori ed a 1.500 aziende del territorio.<br />
Sono tanti gli argomenti esposti in queste 120 pagine, con l'occhio attento ai dati di fatto, per cui il lettore paziente può ricostruire una specie di carta geo-economica, osservando le realtà in movimento, quelle in crisi, e quelle che si annunciano come novità nel mercato del lavoro.<br />
Per quanto m'interessa, ho letto con piacere alcune righe molto schiette sull'industria culturale di Rimini, caratterizzata dal fatto che la nostra città non ha saputo valutare correttamente le proprie potenzialità, «quindi ricavandone meno di quello che sarebbe possibile» (p. 66).<br />
<br />
Appartengo ad una generazione che ha visto Rimini nei primi anni '50 attivarsi per un impegno culturale legato al turismo, sia per “allungare” (come si diceva allora) la “stagione” dei bagni, sia per valorizzare un patrimonio artistico a cui non è esagerato attribuire un significato europeo. Come quel Tempio malatestiano la cui riconsacrazione, dopo i lavori post-bellici, fu accompagnata da una famosa «Sagra Musicale» organizzata da Carlo Alberto Cappelli.<br />
Quella Sagra delle origini è oggi finita nel dimenticatoio, con addirittura un cambio di “padrinato” (se così si può dire), attribuito a chi allora non ebbe nessun ruolo al di fuori del botteghino dei biglietti d'ingresso, affidato al cav. Primo Gambi ed al suo personale.<br />
La storia economica di Rimini è fatta anche di queste amare annotazioni che vanno ricordate, per comprendere quanto ci ha portato alla realtà di oggi, che nel cap. quinto («Cultura è competitività») del volume di Silvestri si sottolinea giustamente.<br />
<br />
Al proposito segnalo l'altrettanto attenta analisi apparsa, in forma di intervista al prof. Attilio Gardini, nel n. 5 di «Socialmente Carim» (aprile 2015), soprattutto per il passo dove si legge che la crisi del turismo riminese «è attribuibile a carenze specifiche locali, perché la domanda è tuttora crescente a tassi sostenuti».<br />
Le nostre potenzialità non sono valorizzate per fattori e limiti strutturali, e per errori nella comunicazione. Così, l'offerta riminese, in vari settori tra cui appunto la cultura, è entrata in crisi con «danni rilevanti», sia nel contesto aziendale sia in quello sociale («disoccupazione, denatalità, migrazioni, ecc.»).<br />
<br />
Il lavoro di Silvestri e dei suoi giornalisti è introdotto da Stefano Zamagni (mio compagno di banco nell'indimenticabile prima media con il prof. di Lettere Romolo Comandini).<br />
Zamagni offre un duplice itinerario da percorrere, per migliorare lo stato delle cose.<br />
Il primo riguarda l'amministrazione «condivisa» tra l'ente locale e le espressioni della società civile, per disegnare assieme il sentiero di sviluppo.<br />
La seconda strada, che deve correre parallela all'altra (ma che si dovrebbe iniziare a costruire per prima, secondo il mio modesto parere), è il «movimento di amicizia civica fondata sul rispetto, la collaborazione e la condivisione».<br />
È un bene, mi permetto di concludere, che finalmente anche gli economisti, talora molto dogmatici nelle loro enunciazioni teoriche, s'accorgano come lo spirito del dialogo, invocato dai filosofi e non soltanto da oggi (non per nulla la formula di «amicizia civica» risale ad Aristotele), sia fondamentale per una società in cui tanti grandi fatti economici sono stati favoriti da interventi finanziari “dall'alto”, e non soltanto a Torino (Fiat) ma pure a Rimini, circa mezzo secolo fa.<br />
Si avviarono mitologie personalistiche che hanno favorito uno strapotere “burocratico” nella vita pubblica ed in quella finanziaria, in virtù di “racconti” mai tramontati, creando illustri genealogie da antico regime e non da matura democrazia.<br />
<br />
Quindi, cerchiamo tutti di realizzare questa «amicizia civica» di cui parla l'amico Stefano Zamagni, se quelli che detengono i vari poteri ce lo permetteranno. Del che, dubito fortemente, non per innato pessimismo, ma per documentazione storica da tutti reperibile.<br />
<br />
<strong>Nota bibliografica.</strong><br />
«L'amicizia civica in Aristotele» è un saggio del prof. Letterio Mauro del 2013, in «Nuova Umanità», XXXV (2013/4-5) 208-209, pp. 457-468.<br />
Il 7 maggio 2015 a Perugia si è tenuta una tavola rotonda sul tema «Società civile, fraternità e dialogo interreligioso: prospettive di un nuovo umanesimo», richiamando la riflessione politica di Jacques Maritain.<br />
Già nel 2010 Andrea Luzi a Vicenza ne aveva trattato ad un convegno intitolato «Caritas in veritate: manifesto per un nuovo umanesimo».</p>Amicizia? Meglio la Giustizia.Befana, anzi Strega
http://antomontanari.blogs.fr/index.html#a519239
<div style="text-align:justify"><span style="color:#000080"><span style="font-family:verdana,geneva,sans-serif"><span style="font-size:16px"><big>Cara Befana, risparmiati il carbone per il 2014, ne ho già ricevuto tanto lo scorso anno, con tozze, tozzoni ed anche spintoni, che ti puoi evitare la fatica di procurarmene altro.<br />
Ho cercato sempre di fare il bravo, ma ovviamente c'è sempre in giro qualche "Bravo" di manzoniana memoria che alla fine pretende di prevalere con tutti i mezzi impossibili ed inimmaginabili.<br />
Prosit anche a lui, se non anche a lei, non intesa come Befana istituzionale, ma vista come vera e propria Strega, quale nei fatti s'è dimostrata. Per esser sincero, è in buona compagnia, per cui direi prosit a tutte queste Signore Streghe che sono in circolazione. Ed alle loro compagnie di Bravi che le tutelano e proteggono.<br />
05.01.2014</big></span></span></span></div>Befana, anzi StregaStato contestato
http://antomontanari.blogs.fr/index.html#a478930
<p align="justify">
<font color="#000080" face="Verdana" size="3"><img alt="" src="http://antomontanari.blogs.fr/photos/6efa4abe1bcbcda7.jpg" style="width: 400px; height: 377px;" /></font></p>
<p align="justify">
<font color="#000080" face="Verdana" size="3">A contestare lo Stato questa volta sono i suoi stessi rappresentanti locali, non studenti od operai. Seguo la successione dei fatti. Il primo nel parlare è l'esponente più alto in grado, il prefetto Claudio Palomba. Giovedì 29 novembre rilascia un'intervista, nel suo ruolo di presidente del sindacato dei prefetti, attaccando duramente le decisioni del governo in materia di revisione della spesa pubblica: "Questi interventi sono il presupposto per sfasciare il sistema della sicurezza sul territorio, la più prossima ai bisogni dei cittadini". Palomba aggiunge anche che il problema tocca molto da vicino Rimini, una città per svariati mesi all'anno con una popolazione come Milano.<br />
Sabato 1° dicembre il prefetto Palomba interviene poi alla presentazione del rapporto sulla diffusione della mafia nella nostra Regione, organizzato dalla Associazione Libera di don Luigi Ciotti, e sostenuto dalla Cgil. Sul tema il prof. Enzo Ciconte sottolinea che a Rimini non sono state mai prese posizioni nette. Ha ragione. Il 4 maggio 2010 il futuro sindaco Gnassi sul tema ha parlato di "<a href="http://xoomer.virgilio.it/antoniomontanari/ilrimino.2010/dossier.1.html">fattoidi</a>", cioè di cose non vere ma inventate. Dunque, sabato Palomba osserva che sino a pochi anni fa da noi era difficile che il tema venisse preso in esame. E che il fenomeno mafioso in alcuni settori come l'edilizia "è abbastanza radicato".<br />
Ma a prendersela con lo Stato, sui giornali di domenica 2, sono anche il presidente della Provincia di Rimini Vitali ed il sindaco Gnassi. Il tema è quello della possibile proroga per 30 anni delle concessioni balneari, con la gara spostata dal 2015 al 2045. Vitali spiega: "Stiamo assistendo ad uno spettacolo di dilettanti allo sbaraglio che pagheremo noi cittadini, sulla nostra pelle". Stesse parole appaiono nell'intervista del sindaco Gnassi con Franco Giubilei de La Stampa: "Dilettanti allo sbaraglio e demagoghi". Poi aggiunge che a guadagnarci c'è soltanto "qualche parlamentare che tira a campare col consenso a breve termine", mentre a rimetterci ci sono sicuramente gli operatori balneari: "Facciamo i levantini del Mediterraneo, siamo alla farsa".<br />
A prefetto, presidente della Provincia e sindaco, non interessa giustamente nulla del mio applauso da inutile cronista. Aggiungo soltanto che, se le stesse cose le avesse dette in pubblico un semplice cittadino, sventolando uno striscione od alzando la voce per farsi sentire, si sarebbe preso una solenne ramanzina, per essere ottimisti grazie al clima pre-natalizio. [Anno XXXI, n. 1106]</font></p>
<p align="right">
<font color="#000080" face="Verdana" size="3"><b>Antonio Montanari</b></font><br />
<font color="#000080" face="Verdana" size="1">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
"il Ponte", settimanale, n. 44, 09.12.2012, Rimini</font></p>Stato contestatoSprovinciati
http://antomontanari.blogs.fr/index.html#a469168
<p align="justify">
<font color="#000080" face="Verdana" size="3"><img alt="" src="http://antomontanari.blogs.fr/photos/6efa4abe1bcbcda7.jpg" style="width: 400px; height: 377px;" /></font></p>
<p align="justify">
<font color="#000080" face="Verdana" size="3">Rimini senza Provincia torna ad essere l'antica preda delle altre grandi o piccole capitali della Romagna. Sono dati di fatto, non vaghe opinioni. Abbiamo perduto la Centrale del Latte, ha chiuso la ex Cantina sociale, la questione dell'aeroporto di Miramare è coinvolta nel tiro alla fune tra Forlì e Bologna. Non con azioni jettatorie, ma con precise manovre si vuole declassare la nostra città anche sotto il profilo bancario, mi spiegano persone bene informate.<br />
Per tentare di cambiare rotta, nei giorni scorsi a Rimini si è svolto un raduno filosofico ad alto livello, alla presenza di Pitagora, Aristotele e Platone. Di Pitagora si è detto che era qui per un corso di arte culinaria del vitto erbaceo che prende nome da lui. E per spiegare, in una lezione alla Biblioteca Civica Gambacorta per Fanciulli, che la tavola pitagorica non serve ad apparecchiarci i pic-nic. Inoltre ha portato alle autorità competenti una nuova versione di quella sua tavola, rivista e corretta dal Governo Tecnico di Roma: per cui tre per tre fa otto quando i soldi li debbono ricevere da esso i Comuni, mentre fa dieci per il volgo ignorante quando deve versarli alle casse dello Stato.<br />
Aristotele ha avuto l'ingrato compito di svelare che dietro le magnificenze del piano urbanistico De Carlo, c'era soltanto la volontà di fare pagare ai proprietari anche di un modesto edificio, le spese faraoniche per ristrutturare Rimini. Ecco perché migliaia di ricorsi lo hanno affossato. A Platone è toccato analizzare Sergio Zavoli il quale ha sostenuto, in un paginone del "Sole 24 Ore" (16.9), che l'isola delle rose cantata dal romanziere Veltroni serviva nel 1968 a sanare le ferite della guerra ed a lottare con gli studenti della Sorbona.<br />
I tre filosofi poi sono stati portati a marciare su Forlì e Ravenna, partendo dal bivio Emilia-Popilia, alle Celle. Qui Aristotele ha scoperto che nel semaforo mancano da un anno alcune strisce pedonali. Platone lo ha smentito: le strisce esistono, sono sotto il nuovo asfalto come idea di striscia pedonale invisibile ma pur sempre presente, anche grazie al Comune che, allertato dai cittadini, se n'è lavato le mani. In quel bivio Emilia-Popilia i tre filosofi hanno assistito all'eroico passaggio di grandi vetture con il semaforo rosso, perché (dicono i guidatori) prima o poi il Comune lo elimina in quanto inutile. Altri automobilisti, di scuola cinica o sofista, erano lasciati parcheggiare indisturbati lungo la pista ciclabile. [Anno XXXI, n. 1096]</font></p>
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<font color="#000080" face="Verdana" size="3"><b>Antonio Montanari</b></font><br />
<font color="#000080" face="Verdana" size="1">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
"il Ponte", settimanale, n. 34, 30.09.2012, Rimini</font></p>SprovinciatiFuori Far West
http://antomontanari.blogs.fr/index.html#a469087
<p align="justify">
<font color="#000080" face="Verdana" size="3">Era il 1990. Chiusa la stagione turistica, scrissi nel <b><a href="http://digilander.libero.it/antoniomontanari/ilrimino.2012/fuori1095.html">Tama n. 362</a></b> una lettera aperta al Questore di Forlì, dichiarandomi certo che, nel suo consueto bilancio autunnale, egli avrebbe ribadito un'opinione già espressa negli ultimi anni: in Riviera non esistono fenomeni mafiosi. Per lui non c'era la grande criminalità, ammetteva soltanto che c'era quella piccola. Le statistiche gli davano ragione. A Riccione, in giugno, era stato arrestato per un furto d'auto uno slavo pluriomicida. Il reo subì il processo sorridendo, e dopo la condanna ottenne la giusta libertà provvisoria. Per poter poi ammazzare sembra altre sei persone, in due tornate. Lo slavo aveva una base tra Rimini e Santarcangelo. A Rimini era già stato arrestato. Secondo il suo avvocato, era un tipo che si notava per "il petto coperto da spaventose cicatrici". Forse per pudicizia, nessuno lo aveva mai fotografato "nature", prendendo nota di quei "segni particolari" tanto evidenti. Il 'grande' delinquente (che uccise lontano dalla Riviera), finì nelle nostre statistiche della 'piccola' criminalità, a causa d'un furto d'auto.<br />
L'impressione, in questa chiusura d'estate del 2012, è che ci troviamo davanti allo stesso copione. Il prefetto di Rimini il 28 agosto, dopo gli spari con tentato omicidio di un tunisino al ponte dei Mille, parlava di episodi "gravi ma isolati". Rifiutando le statistiche giornalistiche che mettono Rimini al secondo posto in Italia per numero di crimini denunciati nel 2011, sottolineava giustamente che con il turismo aumenta la gente, e si sa come oggi vanno le cose. Da vecchio, inutile cronista aggiungo che il turismo ha sempre portato gente in città, ma una volta non faceva aumentare i crimini come ora.<br />
Adesso per quel tentato omicidio sembra aperta una nuova pista, dopo che il 2 settembre al Covignano è stato ucciso un tassista di 55 anni. Il presunto killer è sotto osservazione anche per l'episodio del ponte dei Mille e gli spari esplosi contro un omosessuale alla vecchia Cava. Tutto questo ovviamente non significa nulla, sono soltanto notizie che vagano nell'aria. Il 28 agosto il prefetto assicurava i cronisti che, per gli spari al ponte ed alla cava, gli investigatori erano a buon punto. E concludeva: "Non voglio nascondere che da parte dei cittadini la percezione della sicurezza è cambiata", ma non siamo nel Far West. Forse a Rimini si è imposto il modello milanese di spaccio di droga, libero ed aperto, come sa bene la Polizia meneghina. [Anno XXXI, n. 1095]<br />
Al <b><a href="http://xoomer.virgilio.it/antoniomontanari/ilrimino.2010/dossier.1.html">dossier mafia</a></b> de "il Rimino", 2010.<br />
<a href="http://xoomer.virgilio.it/antoniomontanari/ilrimino.2010/dossier.1.html">Alle rubriche <b>Tama del 1990</b></a> [o su <a href="http://www.scribd.com/doc/32382623/Diario-1990-Appunti-per-i-posteri">Scribd</a>].</font></p>
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<font color="#000080" face="Verdana" size="3"><b>Antonio Montanari</b></font><br />
<font color="#000080" face="Verdana" size="1">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
"il Ponte", settimanale, n. 33, 23.09.2012, Rimini</font></p>Fuori Far WestNoiosi di Stato
http://antomontanari.blogs.fr/page_2.html#a411988
<p>
<font color="#000080" face="Verdana" size="3">Ho pagato regolarmente il canone tv, quindi posso confessare le mie antipatie di spettatore. Non sopporto le interviste di <b>Fabio Fazio</b> ai cantanti. Soprattutto se sono stranieri, come è successo il 22 gennaio con James Taylor che non avevo mai sentito nominare, e delle cui canzoni non ho compreso alcunché, non sapendo l'inglese. Fazio al solito si è liquefatto d'ammirazione davanti a lui, segno che Taylor è un artista celebre e degno del massimo rispetto. A volte le lunghe conversazioni tra Fazio ed i suoi ospiti musicali esteri, sono arricchite da graziose traduzioni che purtroppo mi sembrano noiose, trattando argomenti di cui non so nulla. Tutta colpa mia? Non credo, ci hanno cresciuto a pane, Carosone e Modugno per evitare Claudio Villa. Ed ero troppo vecchio per gli "Scarafaggi" inglesi.<br />
Preferisco le scenette politiche che Fazio manda in onda, come l'intervista a <b>Giulio Tremonti</b>, l'uomo che sorride sempre e ti riconcilia con i governanti di ieri e di oggi. Nel 2005 propose una grande coalizione alla tedesca con programma opposto a quello della vera grande coalizione tedesca della signora Merkel. Nel 2007 chiese di fare l'alzabandiera nelle scuole. Nel 2008 previde un nuovo 1929, ovvero miseria a costo zero per tutti, accusando i compagni di partito di non rendersi conto di quanto stava succedendo. E riassunse la proposta di riforma scolastica avanzata dal ministro dell'istruzione Gelmini con lo slogan "Un voto, un libro e un maestro". Come se la confusione nella mente dei giovani nascesse dal confronto tra due libri, tra due maestri o tra due opinioni diverse. Come se si fosse voluto un "pensiero unico".<br />
Il 18 settembre dello stesso 2008 dichiarò al "CorSera": "Non è la fine del mondo, ma la fine di un mondo". Erano le stesse parole con cui il 7 luglio si era chiuso un editoriale della "Stampa", firmato da Domenico Siniscalco: "Non siamo alla fine del mondo. Quasi certamente siamo alla fine di un mondo".<br />
Il massimo della simpatia, Tremonti lo ha riscosso il 22 gennaio quando ha ammesso che, per salvare l'economia italiana, "da agosto 2011 in poi qualcosa di più si poteva fare". Lui personalmente lo ha fatto, ha cominciato a scrivere il libro presentato da Fazio, "Uscita di sicurezza". Il titolo promette bene, ed è un ulteriore dato per il nostro conforto. Anche perché Tremonti non ha chiesto al prof. Monti di andare a casa, ma di andare avanti alla ricerca di quei soldi che lui non ha mai trovato. [Anno XXXI, n. 1067]</font></p>
<p>
<font color="#000080" face="Verdana" size="3">il Ponte, settimanale, Rimini, 5.2.2012</font></p>Noiosi di StatoIn nome del padre
http://antomontanari.blogs.fr/page_2.html#a404353
<p>
<font color="#000080" face="Verdana" size="3">Due immagini hanno fatto il giro del mondo. Una riproduce la copertina del settimanale "Time" (14.12), dedicata alla consueta scelta della "Persona dell'anno". Per il 2011, il soggetto presentato è "il Manifestante": ovvero il simbolo della "naturale continuazione della politica con altri mezzi", soprattutto in riferimento alla situazione della realtà araba, da cui proviene il volto femminile ritratto nella foto. Così scrive Kurt Andersen sullo stesso "Time", dove leggiamo pure che "il contestatore è diventato creatore di storia", partendo dalla Tunisia del 17 dicembre 2010. Quel giorno Mohamed Bouazizi, un venditore ambulante di 26 anni, si dà fuoco dopo che la polizia gli ha sequestrato il carretto su cui c'è la frutta da offrire al mercato.<br />
<img alt="" src="http://digilander.libero.it/antoniomontanari/ilrimino.2011/Tama1062.jpg" style=" width: 327px; height: 244px;" /><br />
La seconda foto (autore Peter Hapak) reca proprio l'immagine di Mohamed Bouazizi, sorretta da sua madre Mannoubia che ha spiegato il gesto del figlio come ispirato alla dignità. La quale, aggiunge Basma, sorella sedicenne di<br />
Mohamed, in Tunisia è più importante del pane.<br />
La vicenda di Mohamed può essere sintetizzata con le parole del miglior inviato italiano di affari esteri, Domenico Quirico della "Stampa" (17.12): essa "fece conoscere al mondo arabo l'evidenza del vero principio rivoluzionario, che una prima ingiustizia è fonte di ingiustizie infinite". Egli "non ha inventato ideologie e non ha coniato gli slogan sobillatori dell'Islam politico", ha creato "la prima rivoluzione del terzo millennio".<br />
Le frasi di Quirico suggeriscono un ricordo scolastico, l'incontro di Dante con Catone all'inizio del Purgatorio, quando Virgilio dice del poeta: "libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta".<br />
Non ha paragoni con il doloroso panorama che fa da sfondo agli occhi seminascosti della Manifestante finita nella copertina di "Time", un altro volto, quello di Gigliola Ibba, 70 anni, autrice di un appello a pagamento sul "Corriere della Sera". Ha comperato una pagina di pubblicità per dichiarare la propria delusione ai politici nostrani. Ad Angela Frenda della stessa testata, ha detto (15.12): "Vuole la verità? Lo devo a mio padre Tullio. Era ingegnere e generale dell'aeronautica. Progettava aeroporti civili e militari. Stiamo parlano del 1957. È morto quando avevo 16 anni. Io ho trascorso dai 14 ai 16 anni a prendere le telefonate con cui politici di allora cercavano, invano di corromperlo. È morto d'infarto senza firmarlo, quel progetto". [Anno XXX, n. 1062]</font></p>
<p align="right">
<font color="#000080" face="Verdana" size="3"><b>Antonio Montanari</b></font><br />
<font color="#000080" face="Verdana" size="1">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA</font></p>In nome del padreNon dare i numeri
http://antomontanari.blogs.fr/page_2.html#a397839
<p>
<a href="#a394517"><img alt="" class="main_photo" height="377" id="photo_937921" src="photos/6efa4abe1bcbcda7.jpg" style="display: block; margin: 0pt auto;" width="400" /> </a></p>
<p style="color: #000000; font-family: Times; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: normal; orphans: 2; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px; font-size: medium;">
<span style="color: #000080; font-family: Verdana; font-size: 12pt;">Il tasso di noiosità di questa puntata è superiore al consueto. Premetto l'aureo consiglio di don Lisander per chi non si curasse di ascoltare le nostre quattro parole: cioè saltare alla pagina seguente (cap. XXII). Chi resta, alla fine non ci accusi di essere stati indigesti. Ma che colpa abbiamo noi (come diceva una canzonetta) se nei commenti politici circolano opinioni piuttosto strane come quelle che danno corpo ad una terza Repubblica italiana per il semplice fatto che abbiamo un governo di Tecnici anziché di Politici? Per cambiare la targa del nostro Stato, occorrerebbe una nuova Costituzione.<br />
Noi (e se consentite, aggiungiamo un grazie al Cielo) abbiamo ancora quella del 1948 che reca con sé il ricordo delle tragedie che la precedettero. In Italia si è soltanto mutato il sistema elettorale. I suoi ideatori ed estensori lo hanno etichettato con sincero ribrezzo come porcata, tanto per essere chiari nel pentimento da scontare senza penitenze. Poi il prof. Giovanni Sartori con eleganza ha parlato di porcellum.<br />
In questo porcellum abbiamo identificato la cosiddetta seconda Repubblica. Che dopo la recente crisi di governo è diventata immediatamente la terza. Una Repubblica così sembra una specie di autovettura con il cambio automatico che non richiede al conducente nessuna attenta manovra.<br />
Il tasso di noiosità delle nostre righe sta superando la soglia del pericolo d'inquinamento, mentre ci avviciniamo al comma due dell'art. 92 che più semplice di così non può essere: "Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio...". Nessun paletto è messo dalla Costituzione all'operato del Capo dello Stato, tranne quel severo richiamo all'alto tradimento o all'attentato alla Costituzione medesima (art. 90, comma due).<br />
Tutto ciò serve per concludere che sono senza fondamento le fantasie eroiche di quanti hanno mormorato sulla presunta violazione della Legge fondamentale dello Stato per la nascita di un governo di soli Tecnici. Il problema è diverso. I Politici sono stati fatti apparire dai commentatori come tante donne Prassedi pronte a comandar su tutto ed a prender per cielo il loro cervello. Serve soltanto ad onorare il ricco contratto con la Rai definire, da parte di messer Ferrara, governo del preside quello che gli altri chiamano governo del Presidente. È uno di quei raffinati giochi di parole che sono nebbia la quale impedisce di vedere il burrone e scansarlo. [Anno XXX, n. 1059]</span></p>
<p style="color: #000000; font-family: Times; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: normal; orphans: 2; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px; font-size: medium;">
<span style="color: #000080; font-family: Verdana; font-size: 12pt;"><strong>Antonio Montanari</strong></span><br />
<span style="color: #000080; font-family: Verdana; font-size: 8pt;">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA</span></p>
<p style="color: #000000; font-family: Times; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: normal; orphans: 2; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px; font-size: medium; text-align: left;">
<span style="color: #000080; font-family: Verdana; font-size: 8pt;">"il Ponte", settimanale, Rimini, 4.12.2011</span></p>Non dare i numeriCesari, ma solo 12
http://antomontanari.blogs.fr/page_2.html#a394517
<p style="text-align: justify;">
<span style="color:#000080;"><span style="font-size: 16px;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif;">I cruciverba sono sempre di grande aiuto, altro che le biblioteche. Vi chiedono quanti sono i famosi Cesari, e se non lo sapete, aspettate un'altra occasione, quando spiegano che quelli di Svetonio sono dodici. Tutto risolto. Con due semplici domandine, magari senza rispondere a nessuna di esse, avete ottenuto un risultato che oggi vi fa correre il rischio di ricevere una laurea ad honorem.<span class="Apple-converted-space"> </span><br style="color: rgb(0, 0, 128); font-family: Verdana; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: normal; orphans: 2; text-align: justify; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px; -webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; font-size: medium; " />
Caio Tranquillo (beato lui) Svetonio, storico romano del sec. I, scrisse le biografie di Giulio Cesare e degli imperatori da Augusto a Domiziano. Adesso Svetonio sarebbe meno tranquillo se dovesse scrivere le vite di quanti in Italia si considerano dei Cesari in una Repubblica che dovrebbe guardare più al Popolo che ai capipopolo. Tant'è, non per nostra suggestione od errata informazione, ma secondo dati veri.<br style="color: rgb(0, 0, 128); font-family: Verdana; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: normal; orphans: 2; text-align: justify; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px; -webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; font-size: medium; " />
Noi italiani sino a poco tempo fa ci consideravamo un popolo felice ed assistito dalla Fortuna (quella che presso i Romani baciava gli audaci) perché i nostri politici avevano abolito il caos parlamentare della cosiddetta Prima Repubblica, provocato dai tanti partiti allora esistenti con annesse correnti note ed ignote (dette dei "franchi tiratori"). Ed avevano inventato il modello italiano del bipolarismo. Ma si sa che cosa significa "italiano" in certi contesti. Vuol dire semplicemente che non sempre alle parole seguono i fatti, per cui i nomi sono un semplice suono della voce e non pure un segno a cui far corrispondere una precisa, delineabile realtà.<br style="color: rgb(0, 0, 128); font-family: Verdana; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: normal; orphans: 2; text-align: justify; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px; -webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; font-size: medium; " />
La crisi di governo a cui abbiamo assistito di recente ha un timido riscontro in una breve frase del Tacito delle "Storie" (I, 2), "Et quibus deerat inimicus per amicos oppressi": e chi non aveva nemici rimase vittima degli amici. Nel corso della crisi i cronisti più attenti hanno contato quanti amici del bipolarismo sono andati in retromarcia verso l'odiato sistema della Prima Repubblica, con partiti, correnti e conseguenti temporali pieni di fulmini. Massimo Gramellini (15.11) ha così riassunto il bollettino meteo della nostra Politica: i cinque partiti in Parlamento alle ultime elezioni, sono diventati ventuno.<br style="color: rgb(0, 0, 128); font-family: Verdana; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: normal; orphans: 2; text-align: justify; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px; -webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px; font-size: medium; " />
Più pessimista è stata l'Agenzia Ansa che alle 18,41 del 14 novembre ha diramato un servizio che elenca 34 gruppi chiamati a consulto dal neo presidente del Consiglio, prima di accettare l'incarico e presentarsi in Parlamento. Svetonio oggi rinuncerebbe all’incarico di scrivere le storie dei nostri 34 presunti Cesari. [XXX, 1058]</span></span></span></p>
<p style="text-align: justify;">
<span style="color:#000080;"><span style="font-size: 16px;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif;">"il Ponte", settimanale, Rimini, 27.11.2011</span></span></span></p>Cesari, ma solo 12Si fa presto a dire Italia
http://antomontanari.blogs.fr/page_2.html#a343757
<style type="text/css">@font-face {
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<p align="justify" style="text-align: justify;" class="MsoPlainText"><span style="font-family: "American Typewriter"; color: navy;">Si fa presto a dire Italia. Anche perché, come ha riassunto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, "ne abbiamo passate tante". All'Italia del 1861 mancano Roma, Trento e Trieste. Un secolo esatto fa, contro l'Italietta imbelle, si muove la grande proletaria di Zvanì Pascoli con la campagna di Libia. Il socialista Mussolini è contrario, sradica binari ferroviari. I futuristi predicano la guerra "sola igiene del mondo". Poi ci si mette anche Gabriele D'Annunzio. Le disgrazie non vengono mai sole.</span></p>
<div align="justify"> </div>
<p align="justify" style="text-align: justify;" class="MsoPlainText"><span style="font-family: "American Typewriter"; color: navy;">Allo scoglio di Quarto il 5 maggio 1915 si inaugura il monumento ai Mille di Garibaldi con un discorso ufficiale interventista di D'Annunzio. Il governo di Antonio Salandra lo ha letto in anticipo, decidendo: né primo ministro né re sarebbero intervenuti alla cerimonia. Il 13 maggio Salandra si dimette. Il neutralista Giovanni Giolitti ha un appoggio politico superiore a quello di Salandra. Le sue dimissioni sono respinte dal re. D'Annunzio in un comizio al teatro Costanzi di Roma, incita il pubblico ad ammazzare Giolitti. Nel 1921 il poeta inventa la "Vittoria mutilata", con la marcia su Fiume. L'anno dopo, altra marcia (in carrozza-letto) su Roma, di Mussolini.</span></p>
<div align="justify"> </div>
<p align="justify" style="text-align: justify;" class="MsoPlainText"><span style="font-family: "American Typewriter"; color: navy;">I Savoia, che hanno fatto l'Italia, cominciano a disfarla. Il re non firma il decreto del governo per lo stato d'assedio. Poi il 25 luglio 1943 fa arrestare "il cavalier Benito Mussolini". Nel 1938 il re ha firmato le infami leggi razziali. La sera dell'8 settembre 1943 il re fugge con il governo da Roma. I militari sono lasciati in balìa di loro stessi. I comandanti gli dicono: "Se riuscite ad andare a casa, potete farlo". Il 9 novembre la Repubblica di Salò li richiama alle armi.</span></p>
<div align="justify"> </div>
<p align="justify" style="text-align: justify;" class="MsoPlainText"><span style="font-family: "American Typewriter"; color: navy;">Sino al 25 aprile 1945 il secondo Risorgimento si chiama Resistenza. Il primo aveva voluto (spiega lo storico Emilio Gentile) "affermare il merito e le capacità dell'individuo contro il privilegio di nascita e di casta". Da qui deriva l'art. 1 della nostra Costituzione del 1948, la Repubblica è "fondata sul lavoro", per rifiutare l'idea di uno Stato basato su quel privilegio.</span></p>
<div align="justify"> <span style="font-size: 12pt; font-family: "American Typewriter"; color: navy;">Nel 1935 a Parigi gli esuli di Giustizia e Libertà hanno discusso sull'Italia generata dal Risorgimento e madre del fascismo, "prototipo della moderna barbarie, che per di più pretendeva di rappresentare la provvidenziale conclusione del Risorgimento stesso". Sono parole dello storico Claudio Pavone. Due di quegli esuli nel 1937 sono stati uccisi in Francia, i fratelli Carlo e Nello Rosselli. "Ne abbiamo passate tante". [1033]</span><br /><span style="font-size: 12pt; font-family: "American Typewriter"; color: navy;"></span></div>
<div align="right"><span style="font-size: 12pt; font-family: "American Typewriter"; color: navy;">Antonio Montanari<br />il Ponte, Rimini, 27.03.2011</span><span style="font-size: 12pt; font-family: "American Typewriter"; color: navy;"></span></div>Si fa presto a dire ItaliaAl contadino non far sapere
http://antomontanari.blogs.fr/page_3.html#a342272
<div align="justify"><font size="3" face="Verdana" color="#000080"><strong>La storia della bontà del formaggio con le pere da non far conoscere al contadino, è stata spiegata dal prof. Massimo Montanari in belle pagine (2008). Il proverbio nasce nel 1500 "in un contesto economico e culturale di avversione al mondo contadino, a cui le classi dominanti (in Italia, soprattutto cittadine) negano ogni pretesa di avanzamento sociale".</strong><br />A proposito del tener nascosto, due secoli dopo Montesquieu ricorda che il cardinal Lorenzo Corsini, poi papa Clemente XII, sosteneva: l'invenzione delle parrucche ha mandato in rovina Venezia, perché i vecchi nascondendo i loro capelli bianchi non si sono più vergognati di corteggiare le donne. Montesquieu aggiungeva che nel Consiglio veneziano non si era "più distinta l'opinione dei vecchi da quella dei giovani".<br />Pure negli Stati democratici oggi si usano tante parrucche e si cerca di non far sapere molte cose ai cittadini. Barbara Spinelli sulla Stampa criticava (10.2.2008) il sistema informativo americano, gestito da "conventicole" che sentenziano sui gusti della gente. E si chiedeva da dove derivasse "tanta scienza infusa": "Una realtà diversa vive nei blog, affastellando interessi che le élite giornalistiche neppure immaginano, ignorandole".<br />Spinelli poi (17.5.2009) parla del nostro Paese: "Il cittadino è molto male informato, e la mala informazione è una delle principali sciagure italiane. [...] La menzogna viene [...] dai governanti, e in genere dalla classe dirigente: che non è fatta solo di politici ma di chiunque influenzi la popolazione, giornalisti in prima linea. [...] I fatti sono reali, ma se vengono sistematicamente manipolati (omessi, nascosti, distorti) la realtà ne risente, ed è così che se ne crea una parallela".<br />Il 2.10.2009 Spinelli aggiunge: "Si ha l'impressione che i giornali italiani si censurino in anticipo, temendo chissà quali ritorsioni". Un anno prima ha spiegato la sua teoria politica: libera informazione e divisione dei poteri sono i presidii della democrazia. Sempre sulla Stampa (20.6.2010), trattando di democrazie a rischio per la crisi economica, chiama l'Italia allergica alla cultura del controllo esercitato dall'informazione. Criticata in una risposta ai lettori dal direttore del suo giornale, Spinelli se ne va dal foglio torinese (21.10.2010).<br /><strong>Il giornalismo politico non dovrebbe abusare della fantasia, come invece Federico Fellini faceva nel 1960 con Camilla Cederna, inventandosi un'infanzia di dolore in collegio dai preti ad Urbino. [1031]</strong><br /><br /></font>
<div align="right"><strong><font size="3" face="Verdana" color="#ff0000">Antonio Montanari</font><font color="#ff0000"><br /></font><font size="3" face="Verdana" color="#ff0000">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA</font><font color="#ff0000"><br /></font><font size="3" face="Verdana" color="#ff0000">il Ponte, Rimini, 13 marzo 2011</font></strong></div>
</div>Al contadino non far sapereLe Regine della Repubblica
http://antomontanari.blogs.fr/page_3.html#a340799
<font size="3" face="Verdana" color="#000080">Chi ha pronunciato le tre frasi che seguono? "No, non mi sento uno sconfitto. Mi sento in battaglia, fermamente intenzionato a combattere..."; "Non ho nessun potere, sono come la regina Elisabetta"; "Ieri mi ha chiamato persino Obama, che in politica estera è un principiante, è un ragazzo".<br />Piccolo sondaggio telefonico tra amici. Chi è stato chiamato da Obama? Risposta unanime: soltanto una signora tedesca dura come la cancelliera Merkel può aver pronunciato così arroganti parole. Chi non si sente sconfitto? Troppo facile, altra risposta fissa: il leader libico Gheddafi. Ed infine, chi si paragona alla regina d'Inghilterra sentendosi senza alcun potere? Una bella risata ha preceduto la certezza comune a tutti gli interlocutori: non può essere che il presidente del Consiglio italiano.<br />Le risposte raccolte nel sondaggio sono completamente sbagliate. Neppure una ha fatto centro. Chi si sente in battaglia, non è Gheddafi, ma il presidente della Camera italiana Fini. Il quale, rinnovando dal settimanale "L'espresso" la sua sfida politica a Berlusconi, ha confidato di giocarsi tutto. Silvio, ha aggiunto, è l'opposto dei princìpi liberali che predica, e non tollera alcun tipo di dissenso.<br />Prevedo l'obiezione: le risposte del sondaggio non sono sbagliate perché, secondo Fini, Berlusconi è un tipo come Gheddafi. Ed infatti come il capo libico, anche <strong>il nostro premier (28.02) vorrebbe una Costituzione su misura</strong>: quella attuale priva "il presidente del Consiglio di ogni potere". Se una legge del governo "per caso al capo dello Stato non piace", essa ritorna al Parlamento; e "se non va giù ai Pm di sinistra, ricorrono alla Corte costituzionale che la abroga".<br /><strong>Berlusconi (25.02) è invece quello che considera Obama "un principiante, un ragazzo"</strong>, incapace di avere idee chiare sulle questioni estere che invece a lui sono molto chiare perché ha preso lezioni private dalla "nipote di Mubarak", che poveretto proprio per questo fatto è stato cacciato di casa.<br />E sapete perché ha preso lezioni private dalla "nipote di Mubarak"? Andato in Egitto aveva detto dello "zio" di lei, come testimoniano i telegiornali, che Mubarak era al governo da 30 anni e gli avrebbe dovuto spiegare come aveva fatto a durare tanto. Grazie a quelle lezioni, il nostro premier avrebbe voluto trovare la strada per avere più potere, dato che oggi da noi comanda l'opposizione che gli impedisce di governare. Ma il paragone con la regina Elisabetta (24.02) è soltanto di Gheddafi. [1030]</font>
<p align="right"><font size="3" face="Verdana" color="#000080"><strong>Antonio Montanari</strong></font><br /><font size="1" face="Verdana" color="#000080">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA</font></p>Le Regine della RepubblicaPoche idee ma confuse
http://antomontanari.blogs.fr/page_3.html#a338106
<div align="justify"><font size="4" face="Verdana" color="#0000ff">Tommaso Padoa Schioppa nel 2007 definì bellissime le tasse. Gli rimproverano ancora quelle parole. Aveva ragione. Dalla consapevolezza che le tasse sono il piedistallo della democrazia nacque, nel 1773 con la rivolta del tè a Boston, l'idea moderna di Stato. Con le imposte nasce il patto sociale fra cittadini che altrimenti sarebbero servi di un signore feudale o sudditi di un sovrano assoluto.<br />Giuliano Amato è stato accusato di volere una tassa patrimoniale. Lui risponde: non è vero, e mi trovo nella stessa situazione del signore anziano di Napoli seduto sulla tazza del bagno durante un bombardamento che fa crollare la facciata del palazzo dove abita. All'arrivo dei pompieri il signore dichiara: ho tirato la catenella dell'acqua e boom.<br />Nel Corriere Romagna si è letta una specie di rubrica sui tabù da infrangere, intitolata "La provocazione è il sale della vita", a firma di un noto riminese. Un lettore mi scrive che quel testo è ricopiato pari pari dal sito di un docente universitario di Antropologia a Napoli, Marino Niola. Ovvio, è stata una vera provocazione: non produrre ma riprodurre.<br />A proposito di lettori. Quello che qui ha protestato per il Tama 1023, ha lo stesso cognome ma diverso nome di chi nel 2002 per il Tama 829 inviò una lettera di analogo contenuto censorio in difesa del presidente Berlusconi.<br />Piero Ostellino tiene sul Corrierone una magistrale rubrica di Filosofia politica destinata ogni settimana a smentire il proprio titolo, "il dubbio". L'ultima puntata tratta della violazione dei diritti individuali di una ragazza buttata giù dal letto dai poliziotti alle sei del mattino. Ostellino dichiara con una certa arroganza di essere paladino non di Berlusconi ma soltanto di Popper, Croce, Locke, Hume, Kant, Mill.<br />Dimentica un piccolo particolare nello sfarfallio dei tanti illustri nomi esibiti come il rullo di tamburi durante la corsa sul filo di un atleta al circo. Dimentica che a quella ragazza la Polizia è arrivata tramite il suo convivente, fermato con tre chili di coca sull'auto non loro ma intestata a Nicole Minetti.<br />In un box in uso a quella ragazza, c'erano poi 9,6 kg. di coca, per cui il convivente il 27 gennaio è stato condannato a otto anni di carcere. Ovviamente i magistrati non hanno ascoltato né Ostellino né Popper etc. Però Ostellino dovrebbe informarsi sui dati di fatto prima di accusare di violazione dei diritti individuali, anche se pensa (come sostiene altrove) che l'Italia è uno Stato canaglia. [1027]<br /><br />Antonio Montanari<br />(c) RIPRODUZIONE RISERVATA</font></div>Poche idee ma confuseMafie a Rimini
http://antomontanari.blogs.fr/page_3.html#a337665
<p align="justify"><font size="3" face="Verdana" color="#000080"><strong>Nostre mafie, scritto dal 1990</strong><br /><br />Un recente volume di Enzo Ciconte racconta la 'Ndrangheta padana dal 1990. Rimini, pur essendo in Romagna e non in Lombardia, rientra in quel discorso proprio dal 1990, anno in cui nel Ponte pubblicai alcuni articoli relativi al tema, come risulta anche dal mio libro (1997) sul nostro giornale fra 1987 e 1996 (pp. 119-121). <br /> Appunto per il 1990 scrivo: "La droga che arriva in Riviera è collegata alla camorra di Napoli e Milano". La Polizia di Bologna non ha dubbi: "Sulla Riviera romagnola sono sempre più numerosi i tentacoli delle organizzazioni criminali siciliane. La mafia investe sulla costa". E Rimini era diventata base per il riciclaggio di denaro "sporco", e nascondiglio per latitanti e banditi accusati di feroci rapine. Secondo il magistrato riminese Roberto Sapio, aggiungevo, la nostra città aveva avuto un passato "di smistamento della droga e di possibile riciclaggio del cosiddetto denaro sporco".<br />Il Questore di Forlì non era d'accordo: "La presenza di qualche latitante oppure di banditi siciliani non significa che la mafia sia radicata in Riviera". Nel Tama 362 (settembre 1990) gli indirizzai una lettera aperta, partendo dalla sua solita battuta che Rimini non era Palermo: "Lei sostiene che fenomeni mafiosi, da noi, non esistono. Nessuno può darle torto, anche se molti nutrono forti dubbi in proposito. Tutto sta, forse, nell'intendersi sulle parole. Mafia, camorra, 'ndrangheta sono marchi registrati di cui è vietata l'importazione? Oppure sono tendenze, 'suggerimenti' che qualcuno potrebbe raccogliere e poi sviluppare a proprio piacimento? [...] Il suo ottimismo, signor Questore, non sembra venir meno neppure davanti al fenomeno della criminalità organizzata: che esiste, e lei lo ammette, ma per tranquillizzare tutti noi, quasi a volerci fornire una camomilla per via giornalistica, lei precisa sùbito che di piccola criminalità si tratta, non di quella grande, presente in altre parti d'Italia".<br /> Passiamo ai nostri giorni. Nel maggio 2010 <strong>Andrea Gnassi</strong>, a proposito di mafia e camorra in Riviera, parla del rischio di "fatti evocati e denunciati ma difficilmente rintracciabili". Gli ricordo che il sen. Carlo Smuraglia (Pds) della Commissione antimafia già nel 1994 aveva spiegato: "In Romagna è ben presente la mafia che lavora in camicia e cravatta", più difficile da combattere di quella che spara. Smuraglia fu estensore per la Commissione antimafia del dossier sugli insediamenti mafiosi in "aree non tradizionali". [1025]<br /><br /><a href="http://xoomer.virgilio.it/antoniomontanari/ilrimino.2010/dossier.1.html"><strong>Dossier Mafia 2010</strong></a><br />[<strong>Andrea Gnassi</strong> ha vinto a dicembre 2010 le primarie del Pd per le prossime amministrative di Rimini.]</font></p>
<p align="right"><font size="3" face="Verdana" color="#000080"><strong>Antonio Montanari</strong></font><br /><font size="1" face="Verdana" color="#000080">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA</font></p>
<hr size="2" color="red" />
<p align="justify"><font size="3" face="Verdana" color="#000080"><strong>Altre mafie</strong><br /></font></p>
<p align="justify"><font size="3" face="Verdana" color="#000080">Torniamo sul discorso della mafia in Riviera, senza pretendere di esaurirlo. 1991. Sull'A-14 tra Rimini e Cesena, sono rivenuti i corpi di due persone uccise a colpi di pistola alla nuca, sono un siciliano ed un barese. Tre ventenni milanesi, pericolosi criminali, nei mesi estivi hanno spostato la loro base a Rimini dove vendevano hashish con criteri manageriali. Il sindaco di Cattolica Micucci accusa due o tre camorristi napoletani di grosso calibro, parlando di "segnali ben più inquietanti tipici del racket". Da Cattolica il capogruppo pds Gabellini ammette: "La malavita organizzata sta rafforzando le radici".<br /> 1992. Il procuratore della Repubblica Franco Battaglino, interrogato sulla presenza mafiosa in Riviera, se la cava con una battuta. Ribadisce che Rimini non è Palermo, e racconta: "I mafiosi non vanno certo nel Sahara, dove si muore di fame e di sete. Il fenomeno è forse aumentato rispetto ad alcuni anni fa". 1993. Il presidente dell'Antimafia Luciano Violante dichiara che essa "ha vestito i panni puliti della intermediazione finanziaria, ma è ben presente". Gli usurai hanno "i colletti bianchi". A gennaio sono eseguiti 9 arresti, e 4 società dal credito 'facile' finiscono sotto inchiesta, per truffa ed associazione a delinquere. 1994, il prof. Giancarlo Ferrucini per il "balletto dei fallimenti" ipotizza che vi sia interessata anche la mafia. La "Rete" di Leoluca Orlando accusa le locali Giunte di sinistra d'aver sottovalutato il fenomeno.<br /> Nel 1997 Pietro Caricato scrive sul "Corriere di Romagna": per il Prefetto di Rimini nel nostro territorio "non esistono problemi di mafia russa". Pino Arlacchi, vicesegretario dell'Onu, sostiene invece che la mafia russa fa investimenti in Riviera. Aggiunge Caricato: se il nostro sindaco Chicchi "dice di sapere che la mafia [nazionale] gestisce le bische clandestine, l'usura e lo spaccio" della droga, il presidente dell'Antimafia Ottaviano Del Turco "afferma candidamente che l'Emilia Romagna ha una dose di criminalità organizzata ma non la mafia".<br /> Dicembre 2005. Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso spiega: anche per Rimini vale il principio che il denaro si accumula al Sud e si investe al Nord. 2008, presidente della Provincia e sindaco di Rimini sono notevolmente preoccupati per notizie che "configurano un quadro di infiltrazione malavitosa in diversi settori del tessuto economico-imprenditoriale" locale. Di racket l'on. Stefano Servadei ha parlato sin dal 1984. [1026]</font></p>
<p align="right"><font size="3" face="Verdana" color="#000080"><strong>Antonio Montanari</strong></font><br /><font size="1" face="Verdana" color="#000080">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA</font></p>Mafie a RiminiNon era Gheddafi
http://antomontanari.blogs.fr/page_3.html#a327816
<div align="justify"><font size="4" face="Verdana" color="#000080">Possiamo smentire la notizia diffusa da un capo di governo non straniero, secondo cui una certa barzelletta spinta (inadatta al nostro stile), gli sarebbe stata raccontata dal premier libico Gheddafi. Nulla di più falso. Chi ha presentato in Italia quella storiella è il comico Raul Cremona, apparso in una vecchia trasmissione di Zelig, riproposta da una rete digitale di Mediaset la sera di giovedì 2 dicembre, ad inaugurare in loco l'innovazione tecnologica della tv.</font><font color="#000080"><br /></font><font size="4" face="Verdana" color="#000080">Non tutto ciò che si racconta è vero. E non tutto ciò che è vero si può raccontare. Oppure è stato mai raccontato. Ripeschiamo nella nostra memoria personale alcuni fatti che ci rimandano al tema molto discusso in questi giorni, non soltanto nel provinciale Stivale nazionale, bensì a livello planetario, per le rivelazioni di WikiLeaks: ovvero i servizi di spionaggio.</font><font color="#000080"><br /></font><font size="4" face="Verdana" color="#000080">Rimini nel secondo dopoguerra, per la sua posizione militare nello scacchiere Nato (con l'aeroporto di Miramare), è stata sempre oggetto di attenzione particolare da parte di quegli stessi servizi che cercavano di mascherarsi nei modi più consueti. I giornali ad esempio non servono soltanto come fonti ai diplomatici ospiti, ma pure come strumento per influenzare l'opinione pubblica. Oppure quale paravento per nascondere una presenza sul territorio che non potrebbe essere altrettanto elegante se si mascherasse da rivendita di generi alimentari.</font><font color="#000080"><br /></font><font size="4" face="Verdana" color="#000080">Sul tema ci sono due oscure storielle locali dimenticate. Prima. All'inizio degli anni Sessanta arriva al grattacielo la redazione di una effimera rivista il cui direttore dichiarava di voler mettere a Roma una telescrivente che sarebbe stata letta da una cronista ai colleghi di Rimini. Ovvero ignorava che un servizio di telescrivente si piazzava dappertutto via telefono. Come oggi succede per internet.</font><font color="#000080"><br /></font><font size="4" face="Verdana" color="#000080">Seconda notizia. Alla fine di quegli stessi anni un foglietto locale senza capo né coda trova ospitalità a palazzo Fabbri, grazie ad un Centro studi che pagava affitto e pagine (curate da un massone) con testi filo-Usa. Poco tempo fa si trovava elencato quel Centro studi fra le operazioni politiche di un servizio segreto.</font><font color="#000080"><br /></font><font size="4" face="Verdana" color="#000080">Altre notizie sono meno clamorose. La scomparsa di un vecchio collega riminese, fa ricordare che, per essere iscritto all'Albo professionale come corrispondente locale del foglio missino, egli a metà anni '50 salì a San Marino per dare del pataca ad un capitano reggente, finendo in quel carcere. Poi lentamente salì in Rai. In quota socialista. [1019]</font><font color="#000080"><br /><br /></font><font size="4" face="Verdana" color="#000080">Antonio Montanari</font><font color="#000080"><br /></font><font size="4" face="Verdana" color="#000080">(c) RIPRODUZIONE RISERVATA</font></div>Non era Gheddafi